Corte dei Conti, sezione giurisdizionale di Appello per la Regione Siciliana 10/A/2023

A seguito della denuncia di un segretario comunale la procura regionale presso la sezione regionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana ha condannato la società di riscossioni al pagamento 469.099,00 a titolo di danno erariale, per non avere notificato alcun atto relativo alla TARSU per l’anno 2013, riguardante 1.396 contribuenti morosi, determinando così un danno per mancata entrata.

La situazione oggetto del contenzioso è dovuta all’inerzia della società di riscossione, motivata da presunte criticità tecniche dovute alla trasmissione di dati informatizzati da un’altra società. Peraltro,  a seguito di una verifica congiunta risulta che le probabili criticità non avrebbero in alcun modo impedito la notifica degli atti di accertamento. Conseguentemente era stato formalmente richiesto alla società di procedere all’inoltro immediato degli atti di accertamento, per evitare pregiudizio per l’ente, in conseguenza del rischio della decadenza dell’azione accertativa.

Tuttavia la società si rifiutava di dare seguito alle prescrizioni, invocando impedimenti di carattere tecnico, causando così la maturazione del termine decadenziale.

Il pubblico ministero si esprime rilevando che la mancata notifica, con riferimento alla T.A.R.S.U. dell’anno 2013, degli avvisi di accertamento o delle ingiunzioni fiscali rappresentava, oltre che un grave inadempimento da giustificare l’avvenuta risoluzione del contratto, anche un illecito erariale, da mancata entrata, caratterizzato dall’elemento soggettivo della colpa grave poiché il tempo a disposizione della società per l’emissione del ruolo coattivo (10 luglio 2018 – 31 dicembre 2018) doveva ritenersi più che sufficiente.

Il giudice territoriale risultava dello stesso avviso e in particolare, dopo avere richiamato l’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che rimetteva agli enti locali la possibilità di regolamentare, pattiziamente, la riscossione dei tributi con società private iscritte all’apposito albo, ha sostenuto che il concessionario, con riferimento alle disposizioni contrattuali,  era colpevole di avere abbondantemente superato i previsti 46 giorni lavorativi per procedere alla notifica degli atti di riscossione dei tributi.

I giudici di appello confermano quindi la condanna della società ritenendo che appare evidente, dall’esame degli atti di causa, come la condotta posta in essere  sia stata caratterizzata da grave e macroscopica negligenza in quanto, attraverso continue richieste, che si ponevano anche in contrasto con gli obblighi contrattuali, si volesse traslare sul comune gli effetti pregiudizievoli delle proprie omissioni.